L'alba della mietitura: ritorno ad Hunger Games con un’alba più rossa del mio sarcasmo

L'alba della mietitura: ritorno ad Hunger Games con un’alba più rossa del mio sarcasmo

Pensavi che la saga di Hunger Games fosse finita? Io pure. Poi Suzanne Collins ha annunciato “L'alba della mietitura”, prequel che racconta l’edizione dei 50º giochi (sì, proprio quelli che Haymitch vinse barando in modo ingegnoso). BookTok è impazzito e io ho pensato: “ma perché tornare nella Capitale quando posso stare sul divano?” Ovviamente mi sbagliavo, perché questo romanzo merita. 

Siamo settantacinque anni prima delle gesta di Katniss e seguiamo un Panem diverso, ancora più crudele. Collins usa la storia di Lucy Gray e di un giovane Haymitch per mostrarci come i giochi siano diventati un’arma di propaganda e di spettacolo. Il tono è cupo, la critica sociale feroce e le scene d’azione sono un tuffo al cuore. 

La parte migliore (per me)? L’ambientazione. Finalmente vediamo i distretti oltre il 12, scopriamo come funzionano le alleanze e assistiamo alla nascita di quelle regole che renderanno i giochi un fenomeno televisivo. Eppure, la vera sorpresa è quanto poco eroe sia Haymitch all’inizio: cinico, scorbutico e assolutamente incapace di seguire le regole. 

Il romanzo, come gli altri Hunger Games, è una metafora amara del potere e dell’intrattenimento. Ma non aspettatevi scene romantiche: qui si muore per davvero. Lo consiglio a chi ama i distopici con un po’ di pepe e a chi, come me, apprezza la possibilità di criticare la società mentre sorseggia un caffè. 

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